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Birra giapponese, perché non si vive di solo sakè!

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Tempo di lettura: 5 minuti

Negli ultimi decenni con l’introduzione della gastronomia occidentale i giapponesi hanno cominciato a conoscere e apprezzare il vino. Tokyo è stata da qualche anno eletta la città più “gourmet” del mondo, superando per numero di ristoranti stellati persino la più blasonata Parigi.

I produttori di sakè, che come tutti sanno è la bevanda alcolica che rappresenta storicamente il paese del sol levante, sono corsi ai ripari pubblicizzando e dando grande importanza al loro prodotto anche all’estero. Ormai infatti anche in grandi città straniere possiamo trovare dei “sakè bar” che propongono degustazioni del famoso vino di riso, per non parlare delle izakaya, le “osterie” giapponesi conosciute ormai da anni dagli amanti delle bevute. La “guerra” vino-sakè è ormai cominciata……

Ma per quanto possa sembrare strano alla maggior parte di noi “gaijin” (stranieri)  non è il sakè, ne tantomeno il vino, la bevanda alcolica più diffusa in Giappone, bensì la birra. E contrariamente a quello che tanti puristi possano pensare nel paese del sol levante si producono in parecchi casi birre di ottima qualità!

Lo stile di birra più diffuso è senza dubbio la Pilsner (Lager soprattutto), leggera e poco amara che i nipponici bevono ghiacciata per percepire ancora meno l’amarezza.

È praticamente sempre accompagnata da qualcosa da sgranocchiare come i famosi Edamame (fagioli di soia salati) o il Surume (calamaro essiccato). Inoltre in Giappone la birra è largamente commercializzata e la potrete comperare un po’ dappertutto a qualsiasi ora del giorno e della notte, ma attenzione! La guida in stato di ebrezza è punita molto severamente.

Un po’ di storia (che non fa mai male)

Da quello che ci è dato sapere, la birra appare in Giappone per la prima volta nel 1853, prodotta da un dottore in medicina, tale Komin Kawamoto, che segue il procedimento trovato su un libro olandese.

Pochi anni dopo, nel 1870, l’americano William Copeland fonda il birrificio “Spring Valley” nel quartiere di Yamate, a Yokohama. Nello stesso periodo gli olandesi cominciano a importare birra in Giappone soprattutto per i commercianti stranieri e i pescatori.

Nel 1876, a Sapporo, viene aperto il birrificio Kaitakushi, il primo a gestione governativa.

Nel periodo compreso tra il 1880 e il 1910, la quantità di birra prodotta comincia ad essere maggiore della quantità importata ed entra in vigore la legge sulla tassa della birra, per prevenire l’eccessiva competizione domestica e promuovere le esportazioni.

Grazie alla diffusione della bevanda in Asia e al rafforzamento del proibizionismo negli stati uniti che favorisce un incremento delle produzioni in Giappone, negli anni ’20, il commercio della birra vive un periodo molto positivo.

 Nel 1953, passato il periodo delle grandi guerre, che segna il momento più critico per la produzione in Giappone, viene istituita la Brewers Association of Japan, che favorisce la crescita della domanda di birra al punto che negli anni ’60 supera il sakè come bevanda alcolica più consumata. Negli anni seguenti con l’apertura di vari nuovi birrifici in tutto il paese l’ammontare della birra prodotta raddoppia.

I Brand famosi di birra giapponese

Attualmente sono 5 le grandi aziende che detengono il 96% delle quote totali:

ASAHI

Fondata a Osaka nel 1889 prima produttrice della birra in lattina. È attualmente al primo posto nella gerarchia dei produttori e offre una vasta gamma di prodotti tra cui spicca la famosissima Super Dry. Famosa per la sua strategia pubblicitaria aggressiva che utilizza in molti casi volti noti dello spettacolo dello sport. Da qualche anno, per reclamizzare la nuova “Super Dry Extra Cold” è stato aperto nel ricco quartiere di Ginza, a Tokyo, l’esclusivo Extra Cold Bar.

KIRIN

Si sviluppa all’interno del primo birrificio Spring Valley e rimane in mano straniera finché non viene acquisita da Mitsubishi nel 1970. È la marca più conosciuta a livello internazionale, che fronteggia la rivale Asahi per il primo posto. il prodotto principale dell’azienda è Kirin Ichiban Shibori, a cui è legata l’immagine di un famoso attore. La sua campagna pubblicitaria si focalizza in un contesto ambientale dove la birra ha un profondo contatto con la natura. Non a caso sulle lattine e bottiglie utilizzate vengono spesso rappresentati i “simboli” delle stagioni, come i sakura per la primavera o le foglie di acero per l’autunno.

SAPPORO

Il più antico birrificio in Giappone, Sapporo fu fondato nel 1876 in Hokkaido. Attualmente mantiene il terzo posto nella graduatoria dei produttori, ed è proprietario di Yebisu Beer Company, il più antico birrificio di Tokyo. Sapporo e Yebisu hanno però differenti strategie di marketing: sebbene entrambe si avvalgono di attori rinomati, la prima punta a ritrarre i testimonial in una situazione quotidiana, evidenziando la serietà e la maturità dei suoi consumatori, mentre la seconda evidenzia la componente naturalistica.

SUNTORY

È la più piccola delle “ 5 grandi”, ed è più rinomata per i whiskey che per la birra: la produzione di quest’ultima è iniziata solo nel 1963 e oggi ci sono solo due brand, Malt’s e The Premium Malt’s. È un’azienda non quotata in borsa, gestita dalla sua famiglia fondatrice. Negli spot pubblicitari vengono evidenziati gli ingredienti e il processo produttivo, il profumo e la naturalezza del prodotto. Una piccola azienda come questa sfrutta efficacemente il vantaggio della qualità, ottenendo un buon successo di vendite.

ORION

Nel 1957 nasce come Okinawa Beer, che due anni dopo cambia il nome in Orion Beer. È la ale numero 1 a Okinawa dove a causa delle tante basi statunitensi è propensa alla produzione di una birra di tipo americano.

Nel 1994 la legge ha ridotto la quantità minima di produzione di birra, per ottenere la licenza, da 2 milioni a 60.000 litri permettendo cosi la nascita di numerosi piccoli birrifici regionali. Grazie alla nuova tendenza delle birre di varie tipologie, dai diversi luppoli utilizzati e dalle varie fermentazioni applicate praticamente in ogni prefettura del Giappone potrete trovare micro produttori veramente interessanti come quello dell’isola di Miyajima.

La birra che non è birra……

 Esistono secondo la legge giapponese 3 tipologie della bevanda, per “birra” si intende infatti solo il prodotto che supera il 67% di malto negli ingredienti fermentativi. Con il termine “Happoshu” si intende invece una bevanda alcolica con una percentuale di malto che va da 25 a 50% con aggiunta di alcuni ingredienti quali riso, soia, mais e amido. È una bevanda creata per i meno abbienti visto il prezzo inferiore e quasi sempre consumata in casa.

In fine troviamo “happosei” la “non birra“, ovvero una bevanda frizzante senza malto all’aroma di birra con un tasso alcolico di 5-6%; gli ingredienti utilizzati sono solitamente proteine di piselli, soia e peptidi della soia. Lo scopo di questo nuovo prodotto è evitare le alte tasse sul malto e favorire una giovane generazione di consumatori cresciuta a soft drinks che non apprezza il sapore amaro della birra; vi era quindi la necessità di un’alternativa leggera e rinfrescante.

Se siete interessati alla birra prodotta in Giappone, sappiate che a Tokyo, nel quartiere di Ebisu si trova il Yebisu Beer Museum, mentre a Asakusa l’edificio della Asahi (non visitabile all’interno). A Yokohama c’è il Kirin Beer Village & Factory com possibile visita guidata e degustazione (su prenotazione). Per chi si trova a Sapporo invece, immancabile un giro al Sapporo Beer Garten & Beer Museum.

Non ci resta che cominciare a bere! (con moderazione mi raccomando) KAMPAI!!!!!

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Alberto Comelato

Alberto Comelato

Cuoco professionista, negli ultimi tempi gironzolo per l’Asia, assaggiando varie specialità. Tra le cucine asiatiche ho assolutamente un debole per quella Giapponese, dove tecnica e rispetto del prodotto si uniscono per creare ad ogni assaggio qualcosa di unico. Ormai da una decina d’anni me ne interesso e la riproduco da autodidatta, appassionandomene sempre un po’ di più.

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